
Esplorazione del concetto di “meraviglia” come ponte tra scienza e arte, emozione fondativa del pensiero scientifico e chiave per coinvolgere il pubblico.
C’è un momento, prima della formula, prima dell’ipotesi, prima ancora della domanda, che ha un valore assoluto nella storia della conoscenza: il momento in cui ci si stupisce. Di fronte a un fenomeno inspiegabile, a un comportamento inatteso, a un dettaglio che sfugge alla logica quotidiana, l’essere umano si arresta, osserva, e si pone la domanda più semplice e potente: perché?
Questa è la scintilla da cui parte ogni indagine scientifica. Ma è anche il punto in cui arte e scienza si toccano: la meraviglia come motore comune.
Un’emozione fondativa
Nel linguaggio comune, “meraviglia” è spesso associata allo stupore infantile, a una forma di emozione ingenua. Ma nella tradizione filosofica e scientifica, la meraviglia è molto di più: è la soglia della conoscenza. Aristotele scrive che “tutti gli uomini per natura tendono alla conoscenza, e il principio di questo è la meraviglia”. Senza stupore, non esiste interrogazione. E senza interrogazione, non può esserci metodo.
Anche Galileo Galilei, padre della scienza moderna, non inizia le sue osservazioni con una teoria, ma con uno sguardo meravigliato rivolto verso il cielo. La meraviglia non è la negazione del rigore, ma il suo primo respiro.
Scienza e meraviglia: un binomio troppo spesso dimenticato
Nel tempo, il linguaggio scientifico si è fatto sempre più tecnico, specialistico, formale. Necessariamente, per garantire precisione e ripetibilità. Ma in questo processo si è spesso perso il contatto con quella dimensione emozionale che rende la scienza umana, viva, accessibile.
In un’epoca di sovraccarico informativo e crescente sfiducia nella scienza, recuperare la dimensione della meraviglia è una responsabilità culturale. Non per semplificare, non per “divertire”, ma per ristabilire un contatto tra sapere e vissuto.
L’arte come alleata
Qui entra in gioco il linguaggio dell’arte. Poche esperienze come il teatro, la letteratura o il cinema sono capaci di restituire quella sensazione di scoperta e vertigine che accompagna l’inizio di ogni esplorazione. L’arte, infatti, non spiega: evoca, inquieta, sorprende.
Quando la scienza incontra l’arte, l’emozione torna al centro. Lo spettatore si ritrova a sentire qualcosa che poi vuole anche capire. È un percorso inverso rispetto alla didattica tradizionale: prima la meraviglia, poi la comprensione.
Non è un caso se sempre più musei scientifici, università e istituzioni si affidano a linguaggi creativi per raccontare i propri contenuti. Installazioni interattive, performance teatrali, video poetici: tutto serve a restituire la potenza narrativa della scienza, il suo essere racconto, rischio, visione.
Meraviglia e responsabilità
Stupirsi non significa perdere senso critico. Al contrario, la vera meraviglia non è passiva, ma attiva: genera domande, stimola l’approfondimento, invita al confronto. In un tempo in cui le emozioni vengono spesso strumentalizzate (soprattutto nel dibattito pubblico e mediatico), è fondamentale distinguere tra stupore autentico e spettacolarizzazione.
La meraviglia non è show: è cura dello sguardo, allenamento dell’attenzione, sospensione del giudizio. È la capacità di vedere oltre il già noto, e proprio per questo è sorella del pensiero scientifico.
Educare allo stupore
Il mondo della scuola e della formazione ha molto da guadagnare dal recupero di questa dimensione. Non si tratta di rendere la scienza “più divertente”, ma di restituirle il suo lato esperienziale e umano. Laboratori sensoriali, osservazioni guidate, percorsi teatrali e installativi possono aprire spazi cognitivi nuovi, soprattutto nei più giovani.
Un ragazzo che si stupisce non dimentica. Una studentessa che si meraviglia è già dentro il processo della conoscenza. La meraviglia non è un orpello: è uno strumento pedagogico potentissimo.
Meraviglia e cittadinanza
C’è infine un aspetto spesso trascurato: la meraviglia ha un valore civico. In un tempo segnato da polarizzazioni, chiusure e semplificazioni aggressive, allenare lo stupore significa anche educare alla complessità. Una cittadinanza scientificamente consapevole è una cittadinanza capace di stupirsi delle connessioni, delle domande irrisolte, delle sfide ancora aperte.
IMMAGINA, con il suo approccio ibrido, con i suoi linguaggi diversi, con la sua proposta culturale trasversale, nasce proprio per questo: far risuonare la meraviglia dentro e fuori dal teatro.
IMMAGINA: esperienze di stupore condiviso
Il festival non propone contenuti da “consumare”, ma esperienze da vivere. Ogni spettacolo, installazione o lecture è pensata per mettere in discussione certezze, aprire varchi, generare domande.
Lo stupore non è un effetto collaterale: è il centro dell’esperienza.
Attraverso percorsi immersivi, dialoghi inediti, biografie scientifiche e scenografie mentali, il pubblico viene invitato non solo a osservare, ma a partecipare, a diventare parte attiva di un processo di scoperta che non ha risposte preconfezionate, ma infinite possibilità.